Il mio primo 4000! Ancora non ci credo. Però riguardo le foto scattate durante questa impresa, e mi tornano alla mente le emozioni provate e mi dico che sì, sono davvero riuscita -egregiamente- a scalare una vetta alta più di 4000 metri!
Ma andiamo con ordine. Questa è l'ultima uscita del corso di alpinismo organizzato dal CAI di Mondovì. Un corso molto interessante e vario, dove ho imparato a affrontare ambienti che fino a poco tempo fa mi erano preclusi. E in più ho conosciuto tanti nuovi amici, tutti come me "malati di alte quote". A conclusione di questo percorso, ci attende la gitona su ghiacciaio, alla conquista del Bishorn, Alpi Vallesi.
La partenza da Mondovì è fissata per le 4 del mattino di sabato. La prima tappa da raggiungere è Zinal, in Svizzera. Da lì si inizierà a camminare alle 11:05. La salita verso la cabane de Tracuit è molto lunga con 1600 metri di dislivello da superare. Ma la compagnia e il tempo splendido ci aiutano a mettere un passo dietro l'altro fino al rifugio, raggiunto dopo circa 6 ore di marcia (contando anche la sosta pranzo a metà strada).
La cabane si trova a 3270 m s.l.m., rifugio piccolo e relativamente accogliente. Molto affollato tanto che la cena viene servita in due turni: alle 18:30 e alle 19:15. A noi tocca aspettare il secondo turno e così intanto ci rilassiamo un po' godendoci il panorama mozzafiato tutt'attorno. Cime severe, ghiaccio, roccia. Ogni tanti si sente l'inquietante rumore del distacco di un seracco.
Intanto riesco anche a mandare un SMS a casa. Il segnale va e viene, ma mi permette comunque di inviare notizie sul mio buon stato di salute. Ah, questi babbi ansiosi!... :)
A tavola, ci verrà servito minestrone di verdura, curry di pollo con riso e dadolata di verdure, macedonia. Tutto cibo conservato in scatola, ma meglio che niente. Bisogna fare il pieno di energia per il giorno seguente e quando si ha fame è comunque tutto più buono.
Il mattino seguente la sveglia è fissata per le 4:20. Ci alziamo veloci per sistemare le ultime cose e consumare la colazione a base di té caldo, pane, burro e marmellata. Solo una tazza, niente piatto e niente tovaglioli (che mancavano anche per la cena, ma vabbé, ci si adatta). Fuori è ancora buio pesto e c'è una stellata spettacolare! L'inquinamento luminoso che abbiamo nelle nostre città ci fa perdere questa meraviglia del creato, mentre in alta montagna è ancora possibile godersi il cielo nero come pece punteggiato da milioni di stelline grandi e piccole. Ma non c'è tempo per stare in contemplazione. Ben coperti da giacca e berretto, pila frontale accesa, percorriamo i pochi metri che ci separano dall'inizio del ghiacciaio vero e proprio. Lì breve sosta per formare le cordate e allacciare i ramponi. E poi via, si parte. Mentre poco a poco il cielo inizia a schiarire.
La quota si fa sentire, procediamo lentamente, un passettino dopo l'altro. Sempre attenti a tenere la corda con la giusta tensione. Sguardo in basso per controllare dove si mettono i piedi. Ogni tanto micro-sosta per un sorso d'acqua (utilissima allo scopo la camel bag acquistata per l'occasione!) o un morso a una barretta. Il respiro è più accelerato, lieve tachicardia, tutti segnali che ormai l'ossigeno scarseggia e il corpo cerca di compensare questa situazione. Però sto bene, il temuto "mal di montagna" questa volta l'ho schivato. Ogni metro di quota si conquista con fatica, fatica ripagata dal pensiero che è un metro in meno che ci divide dalla vetta. Cerco di non guardare troppo spesso l'altimetro al polso. Ma quando finalmente lo vedo segnare "4000" l'emozione è forte e mi dà l'ultima carica per affrontare con nuove energie i 150 metri finali. L'ultimissimo tratto lo facciamo senza zaino, lasciato in un pianoro proprio sotto il cornicione della vetta. Ed eccoci: sulla vetta del Bishorn! E di nuovo la magia: la felicità dell'essere arrivati in cima, fa sparire all'istante tutta la fatica precedente. Foto di rito a testimoniare l'impresa e poi foto a 360° sul panorama che ci circonda.
Dopo pochi minuti, iniziamo la lunga discesa. Ripercorriamo il ghiacciaio sulla stessa traccia di salita, non conviene aprire nuove vie: il rischio di finire in un crepaccio è alto e basta guardarsi intorno per averne la conferma. Dal rifugio a Zinal sono gli stessi interminabili 1600 metri di dislivello percorsi il giorno precedente. Discesa infinita e massacrante. Mi ha stancato di più questa, dell'impresa sul ghiacciaio della mattina.